E' tutto oro quel che luccica nelle banche dati mediche?
I problemi con i quali dobbiamo confrontarci giornalmente sono di due ordini:
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attendibilità delle fonti;
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strutturazione degli studi;
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finalità degli studi;
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onestà degli studi;
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selezione degli studi in fase editoriale di pubblicazione;
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validità dei presupposti su cui si basa lo studio.
E' possibile capire quale è il valore di una informazione e quanta la sua attendibilità?
In linea di massima NO.
Un ignoto medico di campagna può fare una ricerca approfondita e seria su un argomento importante, esattamente come un grande luminare può metter la firma su una ricerca compilata da qualche laureando, tanto per avere una pubblicazione in più, che non fa mai male, e, spesso, qualche contributo economico supplementare.
Molte ricerche sono infatti, più o meno apertamente sponsorizzate dall'industria farmaceutica: sono quindi finalizzate a dimostrare l'efficacia di un farmaco.
E, normalmente, ci riescono sempre.
Ma Popper affermò, a suo tempo, che per valutare la verità di un'affermazione occorre cercare di dimostrarne l'errore: se non si riesce a dimostrare che è falsa allora vuol dire che è probabilmente vera.
Molti studi che dimostrano l'inconsistenza terapeutica di farmaci in uso non sono pubblicati dalle riviste scientifiche, perché non graditi agli sponsor, quindi non possono essere inclusi nelle valutazioni dell'EBM.
Spesso per dimostrare che una terapia è efficace si ricorre a "trucchi statistici" o all'esclusione di soggetti non respoder, oppure si selezionano i soggetti da sottoporre al test in modo da escludere a priori rischi di non successo.
Quindi è necessario, ma non sufficiente, che qualcuno rivaluti tutte le pubblicazioni su quell'argomento, valutandone l'attendibilità una per una e confrontandole tra loro, anche in base ai criteri statistici usati, al numero di casi esaminati ed ai criteri di ammissione o di esclusione utilizzati.
Per avere un esempio di quel che può uscir fuori da un simile esame potete leggere l'articolo di Massimo Saruggia sugli antidepressivi.
Un altro problema da non sottovalutare è su cosa si fanno gli studi.
Un conto è fare una ricerca su un farmaco per curare un malattia che esiste, ad esempio l'artrite reumatoide o la varicella, un conto è creare una malattia e poi fare uno studio per dimostrare l'efficacia dei farmaci che la curano.
Sembra impossibile?
Eppure è vero: ad esempio fino a qualche anno fa menopausa ed andropausa erano considerate fenomeni fisiologici: oggi sono patologie da curare.
L'osteoporosi è, da tutti i medici olistici, considerata una patologia alimentare: bevi più latte e mangi più latticini ed hai più osteoporosi. Se poi fai anche meno movimento peggiori la situazione.
Ma è più facile prescrivere alendronato che convincere la gente a cambiare abitudini.
E poi lo dice "tutta" la pubblicità del mondo che il latte fornisce calcio per le ossa!
Se ti interessa prrofondire l'argomento leggi l'articolo di Chiara Palmerini: Malattie inventate.