Un test clinico relativamente semplice e' utile per individuare precocemente la gravita' della pancreatite acuta
di Giancarlo Bausano
La pancreatite acuta è una condizione clinica potenzialmente molto seria e gravata da una mortalità non trascurabile, specialmente se - nei casi più gravi - non viene trattata tempestivamente in maniera aggressiva, per esempio tramite il ricovero in un'Unità di terapia intensiva.
La gravità del processo patologico è strettamente correlata alla capacità degli enzimi liberati dal tessuto ghiandolare infiammato di "autodigerire " il parenchima del pancreas e distruggere progressivamente l'organo. Questo processo coinvolge una cascata di mediatori infiammatori i quali - in determinate circostanze - sono in grado di innescare una risposta infiammatoria sistemica (SIRS) direttamente responsabile della gravità dell'esito prognostico. Le interleuchine giocano sotto questo profilo un ruolo di primo piano e la loro produzione appare in linea di massima correlata all'entità della SIRS: il loro dosaggio potrebbe dunque rappresentare un buon marker predittivo della severità della pancreatite senza dover ricorrere in una serie di punteggi di tipo semi-quantitativo (fra cui lo score di Ranson e l'APACHE II) la cui utilità - nella pratica clinica - è stata ripetutamente messa in discussione.
I livelli di due citochine proinfiammatorie, il Tumor necrosis factor (TNF)-alfa e l' interleuchina (IL)-6, e quelli di una citochina antinfiammatoria, l'Interleuchina (IL)-10, sono stati recentemente valutati da ricercatori dell'Università di Nuova Delhi, su un campione di 30 pazienti giunti all'osservazione medica entro 72 ore dall'esordio clinico della malattia. Poco più della metà del campione presentava una pancreatite di grado severo e quasi un terzo dei pazienti andava incontro successivamente ad un'insufficienza organica con tre casi di decesso. Delle citochine misurate nel plasma solo l'interleuchina 6 risultava correlata in maniera significativa con la gravità del malattia e, in particolare, appariva un buon indice prognostico di insufficienza organica, con un cut-off pari a 122 pg/ml, caratterizzato da una sensibilità e specificità pari circa all'80%.
In contrasto con precedenti segnalazioni, i livelli di TNF-alfa - che pure riveste un ruolo molto importante nel processo infiammatorio - sono risultati elevati in poco più di un terzo dei pazienti, probabilmente a causa della breve emivita plasmatica di questa citochina che va incontro ad una rapida clearance nel fegato e pertanto risulta scarsamente dosabile in circolo, mentre i suoi livelli risultano assai più consistenti nei tessuti, dove però sono difficilmente dosabili. Livelli aumentati di IL-10 sono infine stati rilevati nel 40% dei pazienti esaminati, ma sono risultati scarsamente predittivi della gravità della malattia.
Benché il numero relativamente esiguo dei pazienti inclusi nello studio imponga una certa cautela nelle conclusioni, sembrerebbe che il dosaggio plasmatico di IL-6 possa costituire un test sufficientemente attendibile - ed anche relativamente semplice da eseguire - per individuare precocemente (già in terza giornata) la gravità clinica di una pancreatite acuta ed orientare tempestivamente le scelte del medico. In questo senso, l'IL-6 sembra molto più utile di altri dosaggi di laboratorio, fra cui la proteina C reattiva o l'elastasi granulocitaria, suggeriti in passato come marker prognostici di questa malattia.
Si conferma, infine, che le citochine svolgono un ruolo fondamentale nella pancreatite acuta, anche se su di esse sono in corso altri studi di carattere fisiopatologico: l'IL-6, prodotta di regola in seguito all'attivazione delle cellule linfocitarie, correla assai bene sia con il grado di necrosi ghiandolare che con la disfunzione organica, e può essere considerata in realtà un marker surrogato del TNF-alfa perché la sua produzione è indotta direttamente dal TNF-alfa.
Fonte Univadis