Nel 2600 a.C. l’imperatore cinese Kwang-Ti scrisse il libro Nei-Ching: il libro della medicina, in cui afferma che la vita è data dalla coesistenza di due forze, una positiva, Yang, ed una negativa, Yin, che continuamente si trasformano l’una nell’altra, non potendo l’una esistere senza l’altra. Perciò il positivo contiene in se il germe del negativo ed il negativo quello del positivo.
Io, uomo, ho in me queste energie, che possono essere bilanciate, e darmi la salute ed il benessere, o squilibrate e causare malessere o malattia. Tali squilibri possono essere determinati dalla dieta, dalla psiche e da altri influssi interni ed esterni (fisici, chimici e psicologici). In tal caso, sia che ci sia un eccesso di Yin, sia che ci sia un eccesso di Yang, io non starò bene.
La mia vita ed il mio benessere dipendono da queste due forze, ma io non sono “Yin+Yang”.
Se io ho subito una ferita, una violenza, una esperienza “sbagliata”, se io ho una emozione, tutte queste cose fanno parte del mio bagaglio, ed influenzeranno il mio comportamento, si chiamano volgarmente "esperienze”, cioè prove, sono mie, ma non sono me. Possono anche essere sbagliate loro, ma non sono sbagliato io che le ho fatte. Spesso però quelle esperienze diventano patogene perché io considero vera una equazione assurda: Esperienza = Sperimentatore, da cui “IO ho avuto una esperienza sbagliata = IO sono sbagliato”.
Ma in base a quale metro una esperienza è giusta o è sbagliata? E’ sbagliato tutto ciò che è traumatico? E’ sbagliato ciò che ti fa perdere qualcosa? E’ sbagliato quello che, quando succede, gli altri ti dicono “Poverino!”?
Facciamo un paio di esempi. Da quando la natura ha inventato i mammiferi, tutti i cuccioli di tutte le specie vengono partoriti allo stesso modo: possibile che ciò sia tanto traumatico per l'uomo al punto che qualcuno seguita a drammatizzarci sopra ogni volta che lo si stimola in quel senso?
Restando nello stesso ambito, è assolutamente naturale e normale che un cucciolo abbia dei fratelli e delle sorelle e che si instauri tra loro una serie di rapporti di “predominio-sottomissione” e di “protezione-dipendenza”. Ed è altrettanto vero che in natura ciò serve, da una parte a far sì che il più forte (il più capace) abbia maggiori possibilità di riprodursi, migliorando la discendenza, dall'altra a stimolare il sottomesso – dipendente invogliandolo a migliorare per poter sostituire nella scala gerarchica il dominatore – protettore per potersi riprodurre (successo sociale).
Quindi è cosa buona e giusta.
Perché, allora, un sacco di gente si rode il fegato per tutta la vita perché il fratello minore gli ha tolto un po’ di attenzione dei genitori o perché la sorella maggiore aveva sempre i libri nuovi a scuola?
Il concetto basilare di tutto l’apparato psicoterapeutico è che nel cliente c’è qualcosa di sbagliato che va corretto. Se poi l’errore è stato di qualcun altro ed il cliente è solo una vittima inconsapevole, meglio: lo consapevolizziamo e siamo a cavallo.
L’importante è che il comportamento del cliente rientri in certi parametri di normalità, che permettano a noi di definirlo non più malato, e che permettano a lui di non sentirsi a disagio nel suo ambiente. Ma è giusto tutto ciò?
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