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Ma ora torniamo per un attimo a questa difficoltà a cambiare che è in ciascuno di noi e che ci chiede una ottima motivazione per essere rimossa, a che cosa serve, perché c'è?

Il nostro comportamento quotidiano è basato su abitudini, piccole e grandi, che ci rendono la vita più comoda e più semplice: alzarci, lavarci, vestirci, andare a lavorare ... tutto senza fatica e senza pensare, per abitudine appunto.

Questo comportamento "standard" diventa come un vestito, e ci permette di affrontare senza fatica le cose di tutti i giorni ed anche i rapporti con gli altri, quindi sappiamo come salutare e come rispondere al telefono, come chiedere una pizza o come far benzina, perché anche gli altri hanno vestiti simili al nostro.

Non è detto che il nostro vestito sia particolarmente bello, ma ci siamo abituati e lo riteniamo comodo: tra le nostre abitudini ce ne sono alcune che ci danno fastidio, che ci feriscono, che ci danno insoddisfazione.

Trasciniamo per anni, anche per sempre, relazioni infelici, sopportiamo lavori che non ci piacciono, mangiamo cibi che ci fanno male, pratichiamo sport che ci fanno venire dolori, guardiamo programmi televisivi sconfortanti … senza mai trovare la forza di dire basta. Non ci pensiamo nemmeno e, se lo facciamo, troviamo subito cento motivi validi per cui non è possibile fare altrimenti. Preferiamo subire un vestito brutto che buttarlo via per farcene uno nuovo.

È come se ci costruissimo un uovo della nostra misura e ci vivessimo dentro: questo uovo viene detto "zona di comfort", anche se, spessissimo, non è per niente confortevole.

Un difetto dell’abitudine è la ristrettezza del campo d’azione: funziona bene solo se tutto procede senza variazioni.

È un pilota automatico che funziona solo sulle strade diritte e senza ostacoli.

Ogni volta che qualche cosa interviene ad interrompere questo tran-tran il nostro pilota automatico va in blocco e noi entriamo in stress.

Gli psicologi dicono che usciamo dalla nostra zona di comfort: ci troviamo in terra straniera e ci prepariamo al combattimento.

Immagina di uscire di casa, domattina, come al solito, per andare a lavorare e trovare che la strada che fai sempre è stata chiusa al traffico per lavori.

Che fai? Sorridi ed imbocchi felice una via alternativa?

Se prima di imboccare felice la via alternativa hai smoccolato un po’, da qualche parte nel tuo corpo si sono create delle tensioni.

Se non te ne accorgi e te le tieni, la sera potrai dire con orgoglio: "La giornata è cominciata male ed è seguitata peggio. Non ne posso più."

Il tuo comodo vestito è stato sgualcito, le tensioni sono sempre lì, anzi sono più numerose della mattina, perché il tuo nervosismo le accresce.

Immagina che cosa può accadere se, invece di un banale cambio di strada si fosse trattato di una critica, di una lite, di una perdita: di qualcosa che ferisce i tuoi sentimenti, che ti fa sentire inadeguato, che ti fa sentire solo.

Lentamente il comodo vestito viene trasformato in una corazza, che impedisce alle emozioni di entrare, quindi di ferirci, ma ci impedisce anche la libertà di movimento, ci impedisce di "sentire", ci impedisce di amare.

Anche il nostro corpo costruisce lentamente, giorno dopo giorno, anche la sua corazza per difendersi, parallelamente alla psiche, perché le emozioni sono pensieri scritti nel corpo.

Perciò i movimenti del corpo diventano meno liberi, più rigidi, più stereotipati, oppure c’è il movimento continuo di alcune parti, le mani per esempio.

È per questo motivo che un esame attento del corpo, della sua postura e del suo modo di muoversi, può dare tante informazioni sulla psicologia del suo proprietario.

Immagina un bambino che si spaventa: la sua reazione normale è di sollevare le mani a coprire il volto con gli avambracci, la testa si abbassa un po’ e le spalle si sollevano.

Immagina che questi spaventi si ripetano spesso, per i rimproveri dei genitori, per l'insoddisfazione degli insegnanti, per le prepotenze dei compagni: alla fine la corazza del bambino lo costringerà a stare con le spalle alte e la testa incassata tra le spalle, per esser sempre pronto a nascondersi.

Se incontri per strada un adulto che cammina con la testa incassata tra le spalle non ti viene certo da pensare che sia un istruttore dei marines.

Probabilmente non è un fifone, ma è certo una persona che ha sofferto molto per il comportamento aggressivo degli altri, soprattutto dei familiari. La sua zona di comfort nelle relazioni con gli altri, forse è molto ristretta, il suo uovo è così piccolo che non può neanche allargare le spalle.

 

L’abitudine e la paura di uscire dalla zona di comfort sono droghe pesanti, come l’eroina. Se non ti costringono con la forza non ne esci.

Quindi non si può far niente per uscire dal nostro "uovo di comfort"?

Dobbiamo per forza andare in una comunità per disintossicarci?

Niente affatto.

Anche se sembra rigido ed impenetrabile è in realtà estremamente malleabile: basta volere, volere veramente.

Se cerchiamo di forzare in una direzione vediamo che l’uovo cede e si allarga: se ho paura di parlare in pubblico, posso sforzarmi di parlare davanti a qualche amico di qualcosa che conosco e amo. La mia zona di comfort si è ampliata: la prossima volta posso parlare senza tremare anche davanti a qualche estraneo.

Con un po’ di pazienza potrò diventare un oratore.

È così in tutte le cose ed in tutte le direzioni: più l’uovo si allarga più sto comodo nel mondo.

Anche le tensioni del mio corpo si allentano perché molte situazioni che prima erano stressanti, ora non lo sono più: ora rientrano nella "mia" zona di comfort.

Ci sono molti corsi ora, che insegnano ad ampliare coscientemente la nostra zona di comfort per gestire meglio le nostre relazioni, il nostro stress, per fare della nostra vita la vita che desideriamo,

Che è ben diversa, spesso, dalla vita che pensiamo che il destino ci abbia destinato.

 

 

 


By Centro Informatica