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Dujany: Hahnemann
 
 
 

 

Tratto da: Ruggero Dujany;

OMEOPATIA, edizioni red, Prima edizione:1978.

 

 1. VITA SCIENTIFICA DI HAHNEMANN

 

E' utile, per una migliore comprensione della materia, iniziare con la storia della vita del medico che per primo concepì l'idea omeopatica.

La città di Meissen in Sassonia andava famosa, allora come oggi, per le ceramiche, la cui fabbricazione dava lavoro a vasai, piattai, tornitori e decoratori. Nella casa di uno di questi nasce, l'11 aprile 1755, Christian Samuel Friedrich Hahnemann. Il padre, pur di modeste condizioni, nutre vivo interesse per l'educazione del figlio ed escogita per lui delle "lezioni di pensiero" che consistono nel rinchiudere il giovinetto in uno stanzino con un tema su cui meditare.

Nonostante questo le storie tramandano che a dodici anni il ragazzo fosse in grado di sostituire il suo professore di greco, e che durante la sua vita finisse per conoscere, oltre il tedesco, il francese, l'italiano, il latino, il greco e lo spagnolo e fosse capace di leggere e interpretare l'arabo, l'assiro, l'ebraico e il caldeo.

Hahnemann inizia gli studi universitari come borsista e compie i suoi studi nelle università di Lipsia e Vienna, laureandosi nel 1779 in medicina.

Si trova così immerso, a pieno diritto, nel mondo favoloso del "Purgare et Sagnare", dove i barbieri chirurghi, reduci dalle guerre napoleoniche, strappano denti, tagliano, amputano, salassano in un delirio terapeutico e sterminatore. Mancavano, è vero, le tonnellate di esami di laboratorio di oggi ma per contro le sanguisughe si vendevano a milioni nella sola Germania e la Grande Medicina, persa in speculazioni filosofiche, si degnava di spiegare, in latino, teorie tanto profonde quanto inintelligibili ma la cui assurdità era così evidente da scatenare la penna velenosa dei commediografi, libellisti, librettisti d'opera e poeti estemporanei per cui la figura del medico, rappresentato solitamente con lo schizzetto, era scaduta al livello delle foche del circo. In questo mondo di distributori di "eccitantia, tonica, nervina, purgantia, confortantia et roborantia" Hahnemann inizia la professione medica e nel 1781 apre lo studio a Dessau e fa esperimenti nel retro della locale farmacia Hasseler dove, accanto alle beute e ai mortai, c'è la figliastra del farmacista, Henriette Kòckler.

Nel 1782 sposa Henriette ed ha così inizio la fossa incolmabile che sempre più separerà Hahnemann dalla medicina ufficiale. Eserciterà la professione per dieci anni. Le sue pubblicazioni e l'abilità professionale gli recano una notevole fama e, nel 1791, viene chiamato a far parte della Società Economica di Lipsia e della Accademia delle Scienze di Magonza, qualcosa di equivalente ai nostri Rotary Club e C.N.R.

Ma Hahnemann era un duro. Gli allori e la fama non lo narcotizzano, seguita a ragionare come nello stanzino della sua fanciullezza. In breve, il sapere ufficiale lo delude, la medicina così come veniva praticata lo riempie di sgomento, la sua stessa professione gli procura un acuto senso di frustrazione. E' in questo periodo della sua vita che è colto da una crisi di coscienza veramente eccezionale. Un bel giorno caccia i clienti che gremiscono la sua sala d'attesa: «Via da qui, fuori! Io non sono capace di curarvi, rubo soltanto i vostri soldi!». Chiude bottega e ai rimbrotti di Henriette, che la miseria e la numerosa figliolanza rendono acrimoniosa, risponde: «Non sono capace di guarire!». Per vivere traduce libri di medicina e nel 1792 pubblica a Francoforte "L'amico della Salute" e un "Dizionario di Farmacia".

Tutto pare finito nella mediocrità ma le malattie dei figli unite alla sua frustrazione lo fanno esclamare: «Possibile che la Provvidenza abbandoni l'uomo ai suoi mali senza offrirgli la possibilità di curarsi con medicine di riconoscimento facile e immediato e non attraverso sofismi e ipotesi?». E da qui il lampo di genio! «Ma sì! I veleni. Le capacità delle sostanze sono rivelate attraverso i veleni! Vuoi vedere? vuoi vedere?» e questo pensiero, semplice ma gravido di possibilità, si radica nella sua mente.

Durante la traduzione della "Materia Medica" di Cullen, famoso trattato di farmacologia dell'epoca, alla voce "Cinchona", cioè l'estratto della corteccia della China, viene colpito dalla similitudine tra i sintomi della malaria e quelli degli operai addetti alla lavorazione della corteccia.

Qui inizia una tappa fondamentale della vita di Hahnemann. Colpito dalle ipotesi multiple e contraddittorie con cui si tenta di spiegare questo fenomeno decide di sperimentare su se stesso gli effetti della China, assume per cinque giorni due grammi di China due volte al giorno e annota scrupolosamente tutti i sintomi che via via si manifestano. Quale la sua meraviglia nel constatare che ogni giorno alla stessa ora era preso da febbri intermittenti: LA CHINA O CHININO, USATO PER CURARE LE FEBBRI INTERMITTENTI, PRODUCEVA DUNQUE LE FEBBRI CHE GUARIVA.

Continuò così a sperimentare i farmaci su di sé, sui suoi figli e sui suoi allievi e per quarant'anni sperimentò o fece sperimentare 61 rimedi dell'epoca tra cui la belladonna, la digitale, l'oppio, il mercurio, l'arsenico, l'oro, il petrolio, l'acido fosforico, lo zolfo, lo stagno, lo zinco, la dulcamara, annotando ogni volta, con sempre maggior diligenza, i sintomi che provava. Chiamò l'insieme dei sintomi così registrati "Patogenesia del rimedio" ed in ogni sperimentazione ottenne sempre la medesima risposta: i farmaci provocavano gli stessi sintomi che potevano curare.

 


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