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L'APPROCCIO TRAGER E LO YOGA
Carol Cavanaugh

da Trager Newsletter, autunno 1987

Carol Cavanaugh, professoressa di yoga e scrittrice, ha studiato Yoga con BKS Iyvengar. Vecchia redattrice del Giornale Yoga, dirige attualmente l'Istituto per la Formazione di Insegnanti Yoga a S.Francisco, dove viene edita la rivista IYTA Review.

Quando mi hanno chiesto di scrivere un articolo sull'Approccio Trager (pubblicato nel Giornale Yoga di settembre-ottobre 1982) ero lontana dall'immaginare l'impatto che avrebbe avuto questo lavoro sulla mia vita. Ho terminato l'articolo nel marzo 1982 e poco a poco mi è divenuto chiaro che avrei dovuto imparare a praticare il Trager.  Allora, una mattina di maggio, ho preso una profonda inspirazione, "fai il vuoto" nella mia agenda e mi sono iscritta ad un corso di formazione di base di questo approccio.

Abituata nel corso degli anni, in quanto insegnante di Yoga, ad affinare sempre più le sottigliezze delle posizioni Yoga, è stato allo stesso tempo eccitante e frustrante essere nuovamente una debuttante, di non sapere nulla; la posizione delle mani, i movimenti, la qualità della sensazione, era tutto da imparare.

Il mio periodo di apprendimento mi offriva numerose possibilità di sviluppo personale e professionale. Le sessioni di Trager che davo ai miei studenti mi permettevano di sentire sotto le mie mani delle limitazioni a livello delle loro articolazioni e dei blocchi muscolari. Questo mi è stato di aiuto prezioso per comprendere le loro difficoltà individuali e per preparare dei programmi personalizzati. Ad un livello più sottile, lo scambio da persona a persona ed il fatto di "collegarmi alla forza che ci circonda" mi hanno resa più sensibile alle correnti più profonde che percorrono i corpi umani. Una volta, lavorando con una delle mie studentesse,  ho sentito un movimento indescrivibile di energia nel suo piede, senza che ci fosse un cambiamento visibile. Ella mi ha spontaneamente detto che qualcosa "andava risvegliandosi" in quel piede dove ella aveva generalmente poca sensibilità. Fino a quel momento, i flussi di energia erano stati per me una nozione astratta, ed il fatto di sentirli così sulle mie mani li fece diventare qualcosa di concreto e di pragmatico. Il mio quadro di riferimento si allargò quindi d'un colpo e dopo questa esperienza io avvicino quelli che reincontro con un rispetto ancora più grande per la profondità e la varietà dei nostri contatti umani.
Anche il Trager ha trovato il suo posto nei miei corsi di yoga.  In un corso consacrato alla ricerca della massima apertura dell'articolazione dell'anca, un movimento di Trager che suggerisce l'allungamento della gamba mi è parso il modo migliore di presentare il senso di questo lavoro.

Durante il mio tirocinio, una esperienza ha avuto un rilievo tutto particolare, sia per la reazione drammatica del ricevente, sia per il cambiamento personale che ha provocato in me. In effetti questo avvenimento illustra in modo eclatante il motto di Milton Trager "Durante la sessione metti da parte la tua volontà". Durante un corso intessivo di Yoga Iyengar nel Montana, in cui il mio ruolo era di assistere i due insegnanti principali, mi sono occupata più particolarmente di uno studente colpito alla testa in seguito ad un incidente di alpinismo nel 1974. Il percorso dei nervi che controllavano gli estensori della mano sinistra doveva essere stato interrotto in seguito a quell'incidente e tutti i tentativi di muovere o di utilizzare quella mano - compresi i tentativi coscienti di rilassamento o di stiramento - producevano la chiusura della mano in un pugno serrato. Durante il mio lavoro su di lui, mentre lo aiutavo a mettersi sulla testa, sulle mani, a fare il ponte indietro - posizioni che sembravano impossibili per lui - avevo spesso l'occasione di osservarlo. I corsi di yoga gli avevano permesso di aprire certe articolazioni, di rendere molto morbidi certi muscoli, di migliorare la circolazione e di rendersi conto di non essere invalido: che con un pò di aiuto esterno poteva fare come gli altri. Ma io percepivo un problema più sottile al quale noi non davamo risposta durante i corsi. La sua volontà ed il suo accanimento lo portavano a fare delle lunghe corse a piedi  dopo una serie di esercizi ardui, mentre gli altri si riposavano.
Mentre si preparava a reggersi sulle mani, si prendeva la mano sinistra con la destra, aprendo le dita con la forza, quasi con violenza. Il suo solo modo di cercare la distensione era di aprire il suo corpo con la forza, e perciò, di creare ancora più tensione. Avevo evidentemente molta voglia di fare del Trager con questo allievo, e l'occasione si è presentata una sera dopo i corsi di yoga. Non ostante che lavorassi su tutto il suo corpo, portai  particolarmente la mia attenzione alla sua mano. Con molta dolcezza  incoraggiai le sue dita a srotolarsi ed allungarsi. Le dita risposero, la loro mobilità aumentò malgrado la loro durezza interna, e questo mi incoraggiò. Continuai a giocare dolcemente con la mano, tutta felice dentro di me per il mio lavoro. Poi, ad un certo momento,  mi sono fermata per ascoltare la musica. Smisi di cercare di fare del Trager e di produrre dei miracoli, per vivere semplicemente questo istante. E' stato in quel momento che si è prodotta la cosa più incredibile. Il suo pugno si distese e si abbandonò nel cavo del palmo della mia mano, dolce come la mano di un bambino. Le sue dita non si allungarono più, la sua mobilità non cambiò più, nè la loro morbidezza. Questa volta la mano sembrava rilasciarsi a partire da un punto molto profondo, non per i movimenti che noi facciamo, ma al contrario per il "non fare".

Sono stata talmente stupita che so che restai ancora 45 minuti con lui, soprattutto ad attendere. Ogni volta che la sua mano dimenticava la lezione che aveva appreso, ridiventava un pugno.
Ciò accadeva circa ogni 90 secondi, ed allora io la toccavo più delicatamente possibile, con assenza totale di tecnica, finchè il rilassamento, l'ammorbidimento nascesse in qualche parte del suo interno. Ho vissuto raramente un contatto così profondo con un'altra persona, come in questi 45 minuti e, alla fine, ogni volta che la mano si contraeva, pensavo semplicemente alla sensazione di rilasciamento, e quel rilasciamento ritornava nei suoi muscoli.

L'esperienza fu in grado di produrre degli effetti molto importanti anche su di me. Attraverso i suoi tessuti ho potuto comprendere il senso profondo della tensione e del "mollare la presa" per l'organismo umano. E vivere quei momenti con lui mi ha permesso di rilasciare qualche cosa anche in me. La nozione di praticante e di cliente scomparsa per fare posto ad un legame profondo tra due esseri. Io non conosco il suo cognome, ma voglio ringraziarlo per la lezione che mi ha dato. Grazie anche al dr Trager ed al suo approccio che mi ha recato questi favolosi doni dell'universo.
 



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