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INCIAMPANDO IN LOWEN

Maurizio Andorlini

 Riflessioni di un "non addetto ai lavori" nate da una Bioenergetica involontaria


Immagina di dare una seduta di lavoro corporeo per ridurre lo stress e trovarti con un paziente che scoppia a piangere a dirotto!
Frustrante, all'inizio, ma anche istruttivo, soprattutto per uno come me che agisce in ambito medico, ma non in settori direttamente pertinenti la psiche. Il mio lavoro di odontoiatra mi mette quotidianamente in contatto con problemi stomatognatici anche gravi il cui primum movens è, quasi invariabilmente uno stato di distress, anche se la causa scatenante è un'altra e ci sono molte concause a complicare il quadro.
La bocca è, inutile ricordarlo, bersaglio di stress per eccellenza e sede di emozioni e bisogni primari.
Questo mi pone di fronte a due problemi. Il primo è diagnostico: in condizioni di stress è difficile sapere, con sufficiente precisione, come "dovrebbe funzionare in realtà" quella bocca; il secondo è terapeutico: finché permane il distress qualunque terapia è destinata all'insuccesso in un periodo di tempo più o meno lungo.
Per questo motivo ho talvolta necessità di ridurre i livelli di stress dei pazienti anche semplicemente per poter emettere una diagnosi, infatti un semplice basculamento in avanti o indietro del bacino comportano uno spostamento in avanti o indietro del tragitto mandibolare.
Per fare un esempio banale, i soggetti aggressivi (bacino in estensione) tendono ad avere la mascella protrusa (in avanti), la cosiddetta "mascella volitiva", mentre i soggetti succubi (bacino in flessione) hanno tendenzialmente una mascella retrusa (piccola e posteriorizzata) e gli incisivi superiori volti in dietro. Quindi un atteggiamento neuromuscolare prolungato nel tempo in soggetti in età evolutiva può determinare una crescita condizionata in un senso o in un altro. Un analogo stimolo in un soggetto adulto comporta una alterazione negli schemi neuromotori e, se la durata dello stimolo è sufficientemente lunga, la comparsa di parafunzioni (bruxismo e serramento) capaci di distruggere i denti e le articolazioni temporo mandibolari.
Alla luce delle antiche teorie orientali, giornalmente verificate sui miei pazienti, ho potuto constatare come vi sia un netto predominio delle influenze della mente sul benessere o meno del corpo piuttosto che il contrario.
L'antico e notissimo aforisma "mens sana in corpore sano" andrebbe forse modificato in "CORPUS SANUS IN MENTE SANA": troppi, percentualmente, sono i pazienti che necessitano di terapie per patologie, disfunzioni e sindromi legate a problemi psicologici, emotivi e comportamentali, rispetto al numero di quanti presentano disturbi non legati alla psiche. Tralascio qui l'opinione, rispettabilissima, ma non verificata, di chi ritiene che se hai avuto un trauma è perché "te lo sei cercato", per punirti o per richiamare l'attenzione, che se hai una malattia infettiva è perché la tua psiche era troppo impegnata altrove per poter pensare a difendersi adeguatamente o che se ti viene un tumore è solo perché vivi conflittualmente.
In tal caso tutta la patologia, medica, chirurgica e traumatologica, rientrerebbe nel già vasto campo della psicosomatica.
Immagina un neonato: ride, piange, mangia e si muove con tutto il corpo. Poi lentamente i condizionamenti familiari ed ambientali lo portano ad escludere certi gesti, a limitare certi sfoghi, a "moderarsi" nella gioia, nella rabbia e nel dolore. Il suo corpo, come la sua mente, non riesce più a completare i suoi programmi funzionali: corpo e mente vivono una vita incompleta, coerciti dalle convenzioni, dalla cultura, dagli schemi dei familiari.
Da bambino, quando a scuola farà esercizi di "educazione fisica", sarà costretto a fare determinati movimenti e non altri, in funzione delle necessità dello sport e non di quelle del corpo; tra l'altro c'è sempre insita una aggressività più o meno latente, quando non palese: l'obiettivo è il risultato, il confronto è con i compagni, con l'insegnante, con se stesso.
In natura l'obiettivo del movimento è la gioia, la libertà, lo sfogo delle emozioni. Guarda un cane che corre e salta per la gioia di rivedere il padrone, osserva la sua frustrazione se il padrone blocca le sue effusioni per il timore di sporcarsi i vestiti! Ogni giorno, nel corso di tutta la nostra vita, qualcuno blocca le nostre effusioni, fino al momento in cui noi stessi blocchiamo le nostre emozioni prima che lo faccia qualcun altro.
Piano piano ci carichiamo di emozioni non sfogate, di rabbie represse, di dolori nascosti, di gesti incompiuti; un carico pesante, che non riusciamo mai a deporre, che non ci accorgiamo neanche di avere, fin quando un inatteso dolore alla schiena, al collo o ai denti non ci avvertono che la misura è colma.
Anche allora però, senza un aiuto esterno, siamo incapaci di scaricare un peso che abbiamo portato per anni senza vederlo, che non riusciamo neanche ad immaginare.
Molte volte, i primi tempi in cui davo sessioni di bodywork (Integrazione Psicofisica di Trager e Terapia Cranio Sacrale), mi accorgevo, nel bel mezzo della seduta, di essere a disagio, che c'era qualcosa che mi disturbava e mi dava desiderio di smettere.
Analizzando il fenomeno, il momento in cui avveniva, il paziente e l'area che stavo trattando ho finalmente scoperto che si trattava semplicemente di emozioni che il paziente aveva racchiuso e cristallizzato nei muscoli che io stavo trattando: il mio disagio era in realtà un disagio inconscio del paziente che questi mi trasmetteva attraverso la pelle. Se insistevo nel lavoro corporeo in quell'area, abbastanza a lungo e con sufficiente profondità, pur senza "invasione", spesso l'emozione aveva libero sfogo, con scoppi di pianto o gesti d'ira.
Con l'esperienza sono riuscito a distinguere il dolore dalla rabbia, la frustrazione dalla paura, prima ancora che dessero segno palese di sé, in base all'emozione che il paziente mi trasmetteva.
Sono riuscito soprattutto a distinguere il "mio" dal "suo".
E' a questo punto che ho sentito la necessità di approfondire l'argomento: Reich e Lowen sono stati, ovviamente, i principali "fornitori" di informazioni e chiarificazioni, ma anche di dubbi.
Lowen nella sua Bioenergetica mi aveva descritto le scariche emotive, le esplosioni catartiche, determinate da specifici esercizi corporei uniti ad una respirazione profonda.
Io ritrovavo queste scariche semplicemente stimolando una zona del corpo, magari il semplice massaggio dei masseteri.
Inoltre, pazienti che erano già da tempo in analisi con risultati modesti, dopo queste scariche erano spesso riusciti a dare una svolta positiva alla loro terapia.
Nella pratica avevo notato come la semplice scarica, indotta o spontanea, fosse sufficiente in molti pazienti ad eliminare l'emozione sottostante.
Avevo però il sospetto che in alcuni desse solo una momentanea lisi delle tensioni con riduzione reversibile dei sintomi.
Con un paio di clienti ho avuto anzi l'impressione che, dopo la prima esperienza involontaria, cercassero nuovamente la scarica nelle sedute successive, come per confermarsi che la sessione di bodywork era stata efficace.
Dopo la scarica il paziente stava effettivamente meglio, ma dopo qualche giorno ritrovavo gli stessi schemi corporei, le stesse corazze muscolari, gli stessi dolori, le stesse emozioni pronte a scaricarsi con le stesse modalità.
Questi sono stati i pazienti più difficili e meno disponibili ad una psicoterapia.
A questo punto ho deciso di andare a fondo nella ricerca, da un lato sottoponendomi io stesso ad una terapia con uno psicoterapeuta esperto un Bioenergetica, dall'altro andando a vedere, con il suo aiuto, che cosa era stato proposto per sfruttare al meglio le possibilità delle teorie di Lowen.
George Downing nel suo libro "Il corpo e la parola" (Astrolabio, 1995) conferma questa mia impressione, e parla di "dipendenza dalle esplosioni catartiche", caratteristica dei "pazienti più saldi e capaci di tollerare forti emozioni".
Ritrovavo in questa descrizione i miei pazienti "terribili": intelligenti, tenaci, aggressivi, "corazzati" da tutti i punti di vista.
Per evitare l'instaurarsi di questa dipendenza improduttiva dalla esplosione, che, come dice Downing, diventa un rituale, è molto interessante l'approccio di Malcom Brown che ritiene che occorra "bilanciare i diversi sistemi energetici all'interno della totalità psico-fisica, con una lenta e cauta espansione delle funzioni del sistema nervoso involontario, l'ampliamento della respirazione e l'indebolimento della tirannia della corteccia cerebrale".
Secondo Brown è molto facile ottenere con questi pazienti "scariche massicce di energia ed esplosione di emozioni negative di intensità primordiale", con posizioni altamente stressanti o con un contatto corporeo catalitico.
Il contatto catalitico è una pressione su punti di tensione in cui è accumulata l'energia, è una stimolazione delle corazze muscolari: come quella che io esercitavo inconsciamente nei miei clienti.
Tali scariche sono, secondo Brown, terapeutiche solo se si è riequilibrato il paziente.
(K. Ennis Brown "Il corpo e l'ombra" in "Anima e corpo" n.2, 1995).
(M.Brown "Il contatto terapeutico", Melusina, 1994). 
A questo punto mi sono accorto di essere solo all'inizio di una strada lunga e tortuosa, ma affascinante e piena di promesse, strada da affrontare però in stretta collaborazione con chi è esperto dei meandri della psiche. Senza l'ausilio di una buona psicoterapia molte terapie odontoiatriche lunghe e costose sono destinate ad un prematuro deterioramento. Probabilmente con un approccio precoce di tipo psicoterapeutico si potrebbe evitare addirittura il danno alle strutture orali e le conseguenti necessità terapeutiche.

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By Centro Informatica