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Il tuo corpo ti curerà

Tratto da Reader’s Digest – Selezione n° 672 maggio 1996

Corsi a tutta birra verso la rete nel tentativo di rispondere al colpo dell'avversario. Protesi la mia racchetta al massimo, verso il basso, per raggiungere la pal­la, e d'improvviso sentii una coltellata nei polpacci, in entrambi i polpacci. Il dolore, istantaneo, bruciante, salì fino alle cosce e le gambe diventarono di colpo due tronchi insensibili. Mi se­detti, le massaggiai con tutta la forza che potei e bevvi qualcosa di fresco.Pensai che questo trattamento potesse ridurre quegli orribili crampi. Ma non fu così. Forse, pensai, dovevo dimen­ticare il tennis per sempre. Un mese prima, io e mia moglie avevamo festeggiato il cinquantesimo anniversario di matrimonio. Eravamo andati in vacanza al mare e io avevo nuotato per quasi tre chilometri; poi, avevo trascorso due ore sul campo da tennis. Mi ero sentito benissimo. Sebbene avessi 72 anni, giocavo ancora a tennis in maniera decente perfino di fronte ad avversari di 30. Ero quasi convinto di essere immune da quel costante declino fisico che l'età sembra infliggere a molti altri. Quell'incidente sul campo da tennis cambiò la mia vita.
Nei giorni che seguirono scoprii che dopo una passeggiata di appena poche decine di metri, i miei piedi s'addormentavano e le mie gambe s'irrigidivano con crampi tanto dolorosi quanto persistenti.Sulle prime, i miei medici sembra­rono perplessi. Una TAC e una riso­nanza magnetica non rivelarono sinto­mi apprezzabili a livello di spina dor­sale: si era temuta una stenosi spinale, cioè una deformazione della spina dorsale che comprime i nervi e ha conseguenze poi per le gambe. Anche la pressione era perfetta: 120/70. Poi uno dei medici si accorse che non riu­sciva a trovare il battito né dietro le ginocchia né sui piedi. La circolazione sanguigna in questi settori era molto carente.Venni indirizzato al dottor Gary Giangola, specialista di chirurgia vascolare alla facoltà di medicina della New York University. Mi visitò e for­mulò la sua diagnosi: “Lei ha occlu­sioni delle arterie femorali alle gambe, provocate da un accumulo di placca che arriva fino all'aorta. E’ una cosa che può accadere piuttosto spesso in persone di età avanzata, prone all'ate­rosclerosi”. Si tratta di un indurimento delle arterie che affligge in realtà un numero crescente di persone nel mon­do. Giangola mi disse che avrebbe po­tuto operare ma che sarebbe stato co­stoso e pericoloso. “Molte delle mie giornate se ne vanno in interventi chi­rurgici per chi non può essere curato in altro modo” disse Giangola aggiun­gendo: “Si tratta per lo più di persone che hanno aspettato troppo. E se l'in­tervento non riesce, possono esserci complicazioni tali da portare alla per­dita completa delle gambe”. Chiesi allo specialista se quelle oc­clusioni potessero provocare la mia morte. Mi disse di sì. Dopo una pausa aggiunse: “Vede, lei è abbastanza in buona forma per la sua età. E vorrei che proprio persone come lei riuscis­sero in qualche modo a farmi cambia­re lavoro. Se ogni giorno lei riuscisse a fare una passeggiata di almeno un chilometro e mezzo, penso che il suo corpo riuscirebbe a curarsi da solo.Quasi incredulo, chiesi ulteriori spiegazioni. “Se cammina un po' ogni giorno” disse Gi angola “i suoi musco­li mandano segnali continui di richie­sta di maggior circolazione sanguigna.
Lentamente, col tempo, il suo corpo reagirà creando nuovi vasi, nuove ar­terie. Questi bypass naturali aggirano le arterie bloccate proprio come fareb­be un intervento chirurgico. Cammi­nare è essenziale: altri esercizi non servirebbero perché non forniscono stimoli sufficienti per lo sviluppo di questa irrorazione collaterale". Spiegai al dottore che non riuscivo nemmeno a camminare per due isola­ti, figurarsi per quel che lui avrebbe voluto. “Ma può fermarsi ogni due isolati, aspettare un paio di minuti e cominciare di nuovo quando i muscoli glielo consentono” ribatté Giangola precisando: “Ci vorrà magari un anno per la crescita dei nuovi vasi, ma le garantisco che in questo modo lei può farcela”.

Gli promisi che avrei provato.

Un tempo camminavo per venti isolati da casa all'ufficio, proprio un chilo­metro e mezzo, in quindici minuti. Adesso, a tappe forzate, ci mettevo più di un'ora. Se appena appena la strada era un po' in salita, mi sembra­va quasi di dover scalare una monta­gna. Mantenni comunque la promessa ma verso metà febbraio, sette mesi do­po i crampi con cui tutto questo era cominciato, mi colse anche la depres­sione. Faceva un freddo cane e ogni passo era una stilettata. Telefonai al dottor Giangola e gli dissi che avevo ripreso in considerazione l'idea dì un intervento. Mi fissò una nuova visita.Giunto al suo studio, lo specialista mi fece aspettare quasi due ore. Passa­rono davanti a me persone con gambe amputate, altre in carrozzella, altre an­cora che avevano difficoltà a stare in piedi. Quando finalmente mi ricevette, dissi a Giangola che la sua sala d'atte­sa sembrava un pronto soccorso di guerra. “Era esattamente quel che vo­levo farle vedere” disse il medico. “Adesso, sia bravo, torni a cammina­re”. E infatti lo feci. Con mia moglie decisi di lasciare temporaneamente New York e di andare per un po' in Florida dove, grazie anche al clima più mite, era certamente più facile continuare gli esercizi.Nel frattempo mio figlio, medico anche lui, mi aveva più volte suggerito di mettere da parte qualsiasi cibo ricco di grasso e io avevo rinunciato alle bi­stecche per il pesce e il pollo, con con­torni di verdure e frutta fresche, a co­minciare dalla prima colazione fino al­la cena. Quando tomai a New York, quattro mesi dopo, le giornate erano calde e piene di sole. Uscii per la mia prima nuova passeggiata newyorchese, con grande sorpresa, riuscii a camminare per un chilornetro e mezzo di fila senza mai fermarmi. Ero così felice che continuai per un altro chilometro e poi mi aggregai a una parata che stava sfilando lungo la Quinta Strada.

Ce l'avevo proprio fatta!

Da quel giorno straordinario del 1994, continuo a festeggiare una nuova vita. Trascorro tutto l'inverno al mare, al caldo, dove cammino per quasi cinque chilometri ogni giorno. E nulla deve interferire con questo importante momento della giornata. Sul campo da tennis sono di nuovo veloce e resistente e posso ancora competere con avversari più giovani. Per fortuna, perché come mi dice Gìangola, se non resto più che attivo, i miei nuovi vasi possono restringersi e perdere di efficienza.E ho un ulteriore scopo, a questo punto, nella mia vita: raccomando di camminare e camminare a chiunque altro si trovi in condizioni simili a quelle in cui ero io. Consiglio a tutti di chiedere al loro medico se possono evitare interventi chirurgici facendo esattamente quel che ho fatto. Le capacità che il nostro corpo ha di guarirsi sono enormi; attendono solo di essere utilizzate.




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